a cura di Luciana Gennari


Come cambiare amministratore di sostegno per incompatibilità, mancanza di imparzialità, disinteresse o conflitto di interessi.

Chi ha l’amministratore di sostegno può sempre rivolgersi al giudice per chiederne la sostituzione, quando non si fida più di lui o è venuta meno la fiducia. Il beneficiario di tale misura di protezione però non è l’unico soggetto legittimato a presentare l’istanza. A chiarire chi può chiedere la sostituzione dell’amministratore di sostegno è una recente pronuncia della Cassazione, che vale la pena di commentare per comprendere come orientarsi in casi di disinteresse, conflitto di interesse, negligenza o incapacità dell’amministratore stesso.

Il malato può chiedere la revoca dell’amministratore di sostegno?

Non è detto che l’amministrazione di sostegno debba essere “a vita”: se il beneficiario risulta aver riacquistato la piena capacità, è possibile rivolgersi al giudice per chiedere la revoca di tale misura.

La richiesta può essere avanzata quindi dall’interessato stesso, così come da coloro che potevano presentare l’istanza per l’istituzione dell’amministrazione quali:

  • il coniuge o la persona stabilmente convivente;
  • i parenti entro il quarto grado o gli affini entro il secondo grado;
  • il tutore o il curatore;
  • il P.M.;
  • i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona.

Costoro, se sono a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna la chiusura del procedimento di amministrazione di sostegno, possono presentare al giudice tutelare l’istanza.

Si può chiedere la sostituzione dell’amministratore di sostegno?

Secondo l’ordinanza n. 7414/2024 della Cassazione, il giudice tutelare può sostituire l’amministratore di sostegno se l’assistito lamenta via mail disagi con quest’ultimo. Non rileva l’eventuale malattia psichiatrica del beneficiario, che può manifestare le proprie esigenze anche con modalità di comunicazione informali.

Come funziona l’amministratore di sostegno?

L’amministrazione di sostegno è uno strumento volto a proteggere la persona in tutto o in parte priva di autonomia, in ragione di disabilità o menomazione di qualunque tipo e gravità.

A differenza di altri strumenti come l’interdizione o l’inabilitazione, essa serve a non mortificare il beneficiario e a non limitarne completamente la capacità di agire a meno che non sia strettamente indispensabile.

In sostanza, non è la gravità della malattia o menomazione che deve orientare il giudice, ma piuttosto l’idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto.

Cosa dice la giurisprudenza sull’amministratore di sostegno?

La Legge n. 6 del 2004, art. 1 attribuisce all’amministrazione di sostegno “la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”. E l’art. 404 del Codice civile precisa che “La persona che, per effetto di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare”.

La Corte Costituzionale, chiamata a confrontarsi la prima volta con l’istituto in esame, già con la sentenza n. 440/2005, ebbe a rilevare che «la complessiva disciplina affida al giudice il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all’incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall’altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità; e consente, ove la scelta cada sull’amministrazione di sostegno, che l’ambito dei poteri dell’amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto.

Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all’incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell’inabilitazione o dell’interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l’inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l’interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria».

Secondo la Cassazione (sent. n. 29981/2020) l’amministrazione di sostegno, anche se non esige che la persona versi in uno stato di vera e propria incapacità di intendere o di volere, nondimeno presuppone una condizione attuale di menomata capacità che la ponga nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi; non è possibile invece ricorrervi nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, pur in condizioni di menomazione fisica, in funzione di asserite esigenze di gestione patrimoniale; detto utilizzo infatti implicherebbe un’ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona, tanto più a fronte della volontà contraria all’attivazione della misura manifestata da un soggetto pienamente lucido (conf. Cass. n. 12998/2019).

Quanto conta la volontà del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno?

La flessibilità è quindi il tratto distintivo di tale misura di protezione, che non ha una disciplina legale predeterminata in ogni suo aspetto. La legge infatti lascia ampi spazi di regolamentazione e di adattamento al giudice in base al caso concreto, alla patologia del beneficiario e alla presenza o meno di soggetti che si prendono materialmente cura di questi.

In tale contesto la volontà del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno e le sue opinioni devono essere tenute in considerazione, anche se ne venga limitata la capacità, e pur se il giudice tutelare dovrà vagliare se detta volontà non si ponga in contrasto con gli interessi primari del beneficiario stesso.

Infatti l’opinione del beneficiario non può essere sottovalutata solo perché espressa da un soggetto fragile, disabile o affetto da malattia psichica. Diversamente si riproporrebbe uno schema rigido fondato su regole predeterminate, spesso desunte da dogmi indimostrati e talora discriminatori.

Quanto dura l’amministratore di sostegno?

La durata dell’incarico è indicata nel decreto di nomina emesso dal giudice. Può essere a tempo determinato o indeterminato.

Se la durata dell’incarico è a tempo determinato, il giudice tutelare può sempre prorogarlo con decreto motivato.

L’amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre 10 anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai genitori, figli, nipoti.

Che succede se l’amministratore di sostegno non è imparziale?

In caso di conflitto di interessi, dissenso o contrasto tra il beneficiario e l’amministratore di sostegno, quest’ultimo deve tempestivamente informare il giudice tutelare.

Inoltre, se l’amministratore viola i propri doveri oppure è negligente nel perseguire l’interesse o nel soddisfare i bisogni e le richieste del beneficiario risponde nei confronti di quest’ultimo di ogni danno che gli ha causato.

Pertanto se l’amministratore opera delle scelte inopportune, negligenti o dannose, il beneficiario, il P.M. o tutti gli altri soggetti nell’elenco sopra indicati possono ricorrere al giudice tutelare, affinché adotti gli opportuni provvedimenti nei confronti dello stesso ed eventualmente lo sostituisca con un altro amministratore.

Fonte : https://www.laleggepertutti.it – 21 Marzo 2024 – Autore: Angelo Greco


Luciana Gennari

Nata a Roma il 7 febbraio 1953Vive a Roma

Persona con Disabilità per Ischemia cerebrale. Mamma di tre ragazzi. Raffaello: il figlio dell’amore, il figlio del desiderio e il figlio della scelta. Simone il figlio del desiderio ha una gravissima disabilità dalla nascita. Francesco il figlio della scelta, di anni 30, con patologia schizofrenica (malattia invisibile), morto il 26 novembre 2021. Già Presidente della Consulta per i Diritti delle Persone con Disabilità – Municipio IX ROMA EUR – Comune di Roma, dalla sua istituzione nel 1999 ad oggi, fino alla morte del proprio figlio. In questa Rubrica si potrà parlare di disabilità motoria, sensoriale, intellettiva e mentale, perché farlo dà la possibilità a chi ci circonda di confrontarci ed aiutarci. Sarà un impegno prezioso per un gesto di servizio e di solidarietà autentica.

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