a cura della Redazione Spazio Interattivo


Il borgo più grande dell’Agro Falisco, ricco di storia e di bellezze da vedere. Collocata su altissimi speroni di tufo, Civita Castellana offre panorami di bellezza unica. Un esempio è il paesaggio che si ammira dal Ponte Clementino, che divide la parte nuova dal centro storico.

Sorge ai piedi dei Monti Cimini, in una terra così fertile da favorire insediamenti umani sin dall’epoca preistorica: esistono reperti che risalgono addirittura all’età del Bronzo. Già nucleo urbano di prestigio sotto il dominio degli Etruschi, assume maggiore importanza grazie all’opera di ristrutturazione architettonica messa in atto dai Falisci. Dopo una breve parentesi di dominio imperiale con Federico II (1240), nella seconda metà del XIV secolo la città torna in mano ai papi e fu assegnata in feudo da Gregorio XI ai Savelli. Nel 1494 Papa Alessandro VI Borgia incarica Antonio da Sangallo il Vecchio di ristrutturare una fortezza, con lo scopo di difendersi da eventuali attacchi nemici, ma l’artista non riuscirà a portare a termine l’opera. Durante il papato di Giulio II il lavoro fu affidato ad Antonio da Sangallo il Giovane, grazie al quale l’edificio assumerà la nuova connotazione di “Forte Sangallo” (sede del Museo nazionale etrusco). Vari sono i monumenti di epoca medievale tuttora presenti a Civita Castellana; il più importante è la Cattedrale di S. Maria, risalente al 1210. L’interno della chiesa ha la prima navata con cappelle laterali comunicanti tra loro e presbiterio sopraelevato e presenta un magnifico pavimento a mosaico cosmatesco. Notevole anche la Chiesa romanica di S. Maria del Carmine (XII secolo), con bel campanile a bifore, abside semicircolare, interno a tre navate e colonne scanalate con capitelli diversi fra loro. La Chiesa romanica di S. Gregorio Magno presenta un bel portale marmoreo decorato dai Cosmati. La Chiesa romanica di S. Pietro è stata completamente trasformata nel corso del XVIII secolo.

Museo comunale della ceramica

La denominazione scelta per il museo rende omaggio a una delle figure più importanti della produzione ceramica cittadina, Casimiro Marcantoni, imprenditore degli inizi del Novecento, della cui fabbrica restano ancora le due ciminiere nell’area commerciale dedicata al suo nome. Il Museo documenta l’attività ceramica di Civita Castellana degli ultimi due secoli, ripercorrendo in particolare le tappe fondamentali dello sviluppo di quest’attività dalla fase artigianale, agli inizi dell’Ottocento, fino all’avvio della produzione industriale, negli anni Sessanta – Settanta del Novecento. L’esposizione vanta un ampio numero di ceramiche artistiche prodotte localmente nel corso del Novecento, una ricca collezione di oggetti e strumenti da lavoro, tra cui uno splendido tornio originale, che permettono di toccare con mano il lavoro degli artigiani prima e degli operai delle fabbriche poi, il tutto corredato da interessanti foto d’epoca scattate all’interno delle fabbriche civitoniche. Grazie alle frequenti donazioni private di oggetti e manufatti artistici, recentemente si è dato vita ad un riallestimento nella parte centrale della sala allo scopo di mettere in luce l’attività delle singole fabbriche che hanno avuto un ruolo fondamentale nella produzione artistica civitonica (Sbordoni, Percossi, Vaselli, Marcantoni, Coramusi, F.a.c.i., M.a.i.s.c). Nel museo hanno luogo attività didattiche e laboratori legate alla storia, ai saperi e alle tradizioni, mostre temporanee e altre attività culturali.

Museo archeologico dell’agro falisco

Il Museo Archeologico dell’Agro Falisco ha sede nello splendido Forte Borgiano, costruito alla fine del XV secolo da Antonio da Sangallo il Vecchio, sullo sperone occidentale del pianoro di Civita Castellana, per volontà di papa Alessandro VI Borgia. A pianta pentagonale, con cinque bastioni, di cui tre muniti di cannoniere, è circondato da un fossato artificiale, tranne che sul lato nord. Sotto Giulio II della Rovere (1503-1513), Antonio da Sangallo il Giovane ebbe l’incarico di proseguire l’opera iniziata dallo zio. Sono da attribuire a questa fase il completamento del cortile maggiore, con il porticato a due ordini sovrapposti, il mastio ottagonale e il portale bugnato di accesso al Forte. Considerato una delle più importanti opere militari dell’epoca, il Forte fu dimora papale fino agli inizi del 1800, quando fu adattato a carcere, dapprima politico e poi, dal 1846, militare. Dopo il 1870 la fortezza divenne casa di reclusione, poi rifugio per numerose famiglie di sfollati durante la seconda guerra mondiale ed infine destinato dagli anni ‘950 ad accogliere le collezioni archeologiche provenienti dal territorio falisco. L’attuale esposizione, completata nel 1985, comprende nove sale al primo piano del loggiato del cortile maggiore, ordinate secondo criteri di ordine topografico e cronologico. Viene privilegiato in particolar modo il centro principale del territorio, Falerii Veteres, l’odierna Civita Castellana, con le sue importanti produzioni ceramiche, dalle più antiche in impasto con decorazioni graffite e plastiche, a quelle del IV e III secolo a.C. a vernice nera, argentata, sovradipinta e a figure rosse, quest’ultima presente con opere di altissimo livello qualitativo, come gli stamnoi del Pittore del Diespater. Non mancano le testimonianze dei numerosi santuari della città: oltre alle terrecotte architettoniche e votive, si ricorda la testa in tufo con corona di foglie di bronzo, riferibile alla statua di culto del sacello più antico (prima metà del VI sec.a.C.) del santuario di Celle. Tra le curiosità si segnala il teschio con protesi dentaria in oro da una tomba scavata alla fine dell’800. Non meno significativi sono i reperti provenienti dagli altri importanti siti falisci, quali Corchiano, Vignanello, Nepi e Narce. Quest’ultimo centro in particolare offre interessanti testimonianze con le ricche sepolture dell’VIII e VII sec.a.C., che accolgono, accanto a belle oreficerie, a ricco vasellame di bronzo, anche alcune tra le più antiche ceramiche greche di importazione.

Cattedrale di S. Maria Maggiore

ll Duomo di Civita Castellana è conosciuto anche come Cattedrale di Santa Maria Maggiore. Fu costruita da una delle più importanti famiglie di marmorari romani, i Cosmati in stile romanico alla fine del XII secolo; rinnovato tra il 1736 e il 1740, dell’epoca originaria sono oggi visibili solamente alcune parti.La facciata è tripartita e su di essa si innalza il campanile in laterizi aperto da tre ordini di monofore; una grande scalinata conduce al portico, in cui sono conservati reperti archeologici di varie epoche, con colonne architravate e con un grande arco mediano decorato un tempo da un mosaico blu con scritta in oro; il portico, probabilmente l’opera più importante dei Cosmati, risale a Jacobus Laurentii (Iacopo di Lorenzo) e a suo figlio Cosma ed è databile ai primi anni del 1200. I portali di accesso al duomo sono tre: quello centrale è ornato da quattro colonne corinzie e da due leoni stilofori che stringono tra le zampe due uomini, e che rappresentano il male che impedisce al fedele di accedere alla salvezza.
L’interno è a croce latina con presbiterio sopraelevato, con navata unica coperta da volta a botte e cupola con lanterna; quelle che un tempo erano le navate laterali sono state ridotte a otto cappelle comunicanti. L’altare maggiore è costituito da un sarcofago paleocristiano del III o IV sec., e molte altre sono le opere qui visibili, databili a periodi diversi. Di notevole interesse è la cripta, posta sotto l’altare maggiore, risalente al VII – VIII sec. e costruita forse su una struttura romana; le nove navatelle trasversali in cui è suddivisa presentano una copertura con volte a crociera sorretta da colonne con capitelli risalenti a epoche diverse; al suo interno erano conservati (oggi ne è rimasto soltanto uno) due cibori realizzati dalla scuola di Duccio di Bartolomeo (XV sec.) e dedicati uno all’Eucaristia e uno alla custodia delle reliquie. Sempre risalente al Settecento è l’organo del duomo, restaurato di recente: si narra che fu suonato da Mozart nel 1770 quando, in viaggio da Roma, si fermò a Civita Castellana.

Biodistretto della via Amerina e delle Forre

Un collettivo di persone che, per vie diverse e con biografie molto diverse, più di dieci anni fa, era il 2011, si è interrogato sull’agricoltura, sulla sua qualità, sulla sua relazione con il territorio e l’ambiente. La biodiversità e l’agroecologia, la salute della terra e delle nostre comunità, l’equilibrio ecologico e la bellezza del territorio, un’economia sostenibile e la partecipazione di produttori e di cittadini hanno ispirato i nostri conflitti e orientato le nostre proposte. Sullo sfondo il contrasto al cambiamento climatico che, come il filo di Arianna, dovrebbe tenere insieme tutte le cose che abbiamo fatto e intendiamo fare.

 Fonte : “provincia.viterbo” – “comunecivitacastellana”