a cura di Italiadelight e E-borghi


L’attuale centro di Duronia, arroccato su una roccia, sorge sull’antico tratturo Lucera – Castel di Sangro. Il suo agro è disseminato di costruzioni rurali, alcune ancora in attività, altre oramai abbandonate ma ancora denotanti le tipiche caratteristiche delle dimore rurali della fine Ottocento – inizio Novecento. Il centro abitato conserva nel nucleo più antico caratteristiche prettamente medievali.

Paese di emigrazione, in cento anni ha perso 2.000 abitanti partiti per il lavoro all’estero. È passato da 2.600 abitanti a circa 400 attuali. Il paese ha risentito le conseguenze dell’emigrazione, sia a livello degli affetti sia a livello strutturale, con il fenomeno del degrado del patrimonio edilizio e l’abbandono delle terre. Duronia si rianima d’estate, allorché si festeggia San Rocco e vengono organizzate vivaci sagre paesane. Sui tratturi, a Duronia, a Chiauci, a Civitanova, sono ancora visibili i resti di rocche sannitiche, che esercitano un grande fascino sui visitatori. A ricordo delle spedizioni stagionali della transumanza si organizzano, ogni anno, passeggiate a piedi sui percorsi tratturali. Da vedere, tra le attrazioni naturali del paese, l’imponente massiccio roccioso che porta il nome di Civita, dove sono presenti resti di fortificazioni sannitiche. Il massiccio sembra un arduo ed esteso pascolo con quattro creste che ne interrompono il profilo; dall’alto di Civita è possibile osservare ad occhio nudo ventotto Comuni. Si segnala anche la Chiesa di San Nicola, nonché una serie di resti archeologici di cui una villa romana, riportati alla luce in località Casaglivune, e che testimoniano l’antichità del paese.

Cenni storici

Il nome antico del Comune era Civitavecchia, e cioè “Civile veteris” nel secolo XIV – “Civitatis vetule” nel latino curiale – “Civitavetula” nel secolo XVI. Fra il 1755 e il 1760, quando furono scoperte nel suo agro pregevoli tombe, e non poche iscrizioni lapidarie e monete attestanti la remota preesistenza di un cospicuo centro urbano, si confermò nei cultori di patrie memorie il convincimento che ivi sorgesse la “Duronia” dei Sanniti, che Livio dice espugnata dal console Lucio Papirio Cursore, console romano, nell’anno di Roma 459 (293 a.C.). Ciò perché l’agro del Comune è percorso dal torrente Durone, nel cui nome parve ravvisarsi la ricordanza e quasi l’eco perpetuata del nome dell’antica città. Il Garucci era di opinione che il presente abitato fosse invece l’erede del superbo “Bovianum vetus”, come Pietrabbondante di “Aquilonia”, dalla milizia linteata. Sennonché, per le reliquie tornate alla luce, e per il Durone il cui nome pur qualcosa ha da ricordare, il consiglio comunale chiese, nel 1875, ottenendolo, il permesso di mutare il nome di Civitavecchia per quello di Duronia, per effetto del quale il piccolo comune molisano ha raggiunto il duplice scopo di rivendicare un’agnazione che l’onora e di sopprimere l’omonimia di Civitavecchia laziale.
L’antico abitato è sulla vetta di un monte, le cui falde occidue hanno a saldo rinforzo i cosiddetti “Morconi di Lauro”, superbi ed eretti macigni alla cui sommità si adergono i “Morconi di S.Tommaso”, che fanno scolta alla chiesa parrocchiale. La memoria più remota che si abbia di Duronia n’è data da un diploma del 1270 col quale Carlo I d’Angiò assegnava la metà del feudo di Civitavecchia a Raimondo Cantelmo, figlio di Bertrando signore di Roccavivara. Questo diploma, naturalmente, non esclude che Duronia preesistesse fin dai tempi longobardi, se si tiene conto che esisteva la vicina Civitanova: la quale, evidentemente, venne così chiamata in contrapposto della Civitavecchia, il cui nome attesta di per sé l’entità più antica.
Nel 1276 il feudo, nella sua integrità, passò a Gentile della Posta, del quale fu successore il figlio Bartolomeo. Sul finire del regno di Carlo II d’Angiò, e cioè nei primordi del secolo XIV, era feudataria di Civitavecchia Isabella Filangerio, della nobilissima prosapia venuta nel Reame coi normanni, e che aveva preso il nome da Angerio (signore d’Angers) prode cavaliere crociato.
La famiglia Filangerio (Filii Angerii), poi Filangeri, chiarissima nel sacerdozio e nelle armi, e dalla quale uscì nei tempi recenti il sommo autore della “Scienza della Legislazione”, Gaetano Filangieri (1752-1788), godeva di nobiltà in Napoli nei seggi di Nido e Capuana, e conseguì nel 1444 l’abito di Malta. Nel 1307 Isabella Filangerio assegnò alla propria figlia Isabella Ianvilla, in dote, la metà dei corpi feudali di Civitavecchia, in occasione delle sue nozze con Roffredo [o Loffredo] Filomarino del Giglio, patrizio napoletano. Civitavecchia per questo motivo passò in dominio dell’illustre casato dei Filomarino, sorrentino in origine, che ascese in fastigio nel secolo XIII ed iscritto nel Seggio di Capuana.
Dalla fine del secolo XIV fino alla metà del secolo successivo Civitavecchia fu pertinenza della Contea di Montàgano [in antico Montàvano], avendo per signori feudali gli stessi titolari che in questa si successero.
Nel 1450, alla morte di Francesco di Montagano, Civitavecchia venne data in feudo alla famiglia Piscitelli da Ferrante I d’Aragona. Questo casato, insieme a quello dei d’Alagno (d’Alagna), tenne in feudo Civitavecchia per oltre un secolo. Nella prima metà del secolo XVII Civitavecchia divenne feudo dei Della Marra, signori di Macchia d’Isernia. Ultima famiglia feudale, con possesso in data anteriore al 1648, fu quella dei D’Alessandro, baroni e poi duchi di Pescolanciano.

Civita – Massiccio Roccioso

Attrazione naturale di Duronia è l’imponente massiccio roccioso che porta il nome di Civita, dove sono presenti resti di fortificazioni sannitiche. Il massiccio sembra un arduo ed esteso pascolo con quattro creste che ne interrompono il profilo. Quelle creste sprofondano nella valle opposta determinando burroni; sono le vette dei “morconi” che dalla valle s’innalzano per più di duecento metri e anticamente rendevano inaccessibile “Civita” da attacchi esterni.
“Civita” non era però inviolabile dalle altre direzioni, tant’è che venne edificata a difesa una cinta muraria della quale sopravvivono poderosi ma frammentari resti nella falda settentrionale ed orientale del colossale macigno. Dall’alto di Civita è possibile osservare ad occhio nudo ventotto Comuni.