a cura di “Auto d’epoca”


Debutta al Solone di Torino quella che deve considerarsi l’evoluzione della ” 500 “; infatti su un corpo vettura completamente ridisegnato ed a 4 posti, mantiene della precedente bicilindrica l’impostazione tecnica fondamentale migliorata però in due particolari: il motore e il cambio.

Il primo, grazie anche a un lieve aumento di cilindrata (da 499,50 a 594 cc) ha maggiori dati di erogazione (23 CV DIN anziché 18) e quindi prestazioni migliori: la velocità massima è aumentata infatti di circa 10 km/h. Il cambio invece è sincronizzato nei tre rapporti superiori. Altra innovazione tecnica degna di nota è lo spostamento del serbatoio dal vano anteriore, all’indietro sotto il sedile posteriore sinistro.

Dal gennaio 1973, secondo una tradizione iniziata con la ” Topolino ” e continuata con le ” 500 “, viene costruita anche la versione a tetto apribile con sovrapprezzo di Lire 39.200. Velocità massima dichiarata 105 Km/h; Consumo medio carburante 5,2 litri / 100 Km; Prezzo Lire 795.000. B0124

La commercializzazione in Europa Occidentale terminò nel 1991, proseguendo la vendita sul mercato polacco, paese in cui la vettura veniva prodotta dal 1975. Fu l’ultima auto con motore posteriore prodotta dalla casa torinese. Stilisticamente derivata dalla concept car “City Taxi”, realizzata da Pio Manzù nel 1968, la Fiat 126 venne presentata al Salone dell’automobile di Torino del 1972, con il compito di sostituire la “500”, della quale riprendeva integralmente lo schema meccanico. Tre le novità tecniche più importanti: lo spostamento del serbatoio del carburante dal vano bagagli anteriore alla parte posteriore della vettura (precisamente sotto il sedile posteriore), il cambio (a 4 marce) sincronizzato (tranne la prima). A partire dal 1978 e solo per alcuni anni verrà anche adottato lo sterzo a cremagliera in sostituzione del classico sistema a vite e settore elicoidale presente sulla 500.

Anche il motore, il noto bicilindrico raffreddato ad aria montato posteriormente a sbalzo, era lo stesso. Come sulla contemporanea 500 R la cilindrata era di 594cc. Totalmente nuovi, invece, gli interni, la strumentazione ed i comandi, non privi di un misurato livello di rifinitura. Le migliorie della 126 erano costituite, essenzialmente, dalle aumentate dimensioni della carrozzeria squadrata che, pur mantenendo invariato il passo, consentiva una maggiore abitabilità, oltre che dalle prestazioni più elevate e dalle accresciute doti di sicurezza. La 126 era disponibile sia con carrozzeria completamente chiusa (novità rispetto alla “500”) che con tetto apribile in tela (tipico della sua progenitrice). Nel novembre del 1976 videro la luce le 126 Personal (con divanetto posteriore asportabile e tasche laterali portaoggetti sui passaruota) e Personal 4 (dotata di divanetto posteriore fisso più largo senza le tasche portaoggetti), con paraurti in plastica, fascioni laterali nello stesso materiale, cerchi (sempre però di 12 pollici) di nuovo disegno, cofano motore leggermente rivisto (minor numero di feritoie e incavo porta targa di disegno diverso), interni completamente nuovi (con plancia ora rivestita anche intessuto, come i sedili). Nel luglio del 1977 la cilindrata del motore viene maggiorata a 652 cm³ (24 CV). La 126 prima serie, con cofano motore e cerchi della Personal, rimase, tuttavia, in listino come modello base (o Economica, secondo la dicitura Fiat) fino al 1982. Le Personal, rispetto alla prima serie, avevano finiture migliori e, grazie agli interni più raffinati, un’aria quasi snob, caratteristica che la Fiat sottolineò nel 1978 con le versioni speciali Black e Silver (basate sulla Personal 4), caratterizzate da finiture particolari, dotazioni arricchite (vetri azzurrati, appoggiatesta, luce di retromarcia, lunotto termico) e carrozzerie (verniciate, rispettivamente, in nero e grigio) decorate (modanature laterali, paraurti e fascioni in colore contrastante). Nel 1981 le Black e Silver vennero rimpiazzate dalle Brown e Red, che differivano dalle precedenti solo per la colorazione (testa di moro o bordeaux) e alcuni particolari della finitura.

Le ultime novità apportate alla 126, prima di cedere il passo sui mercati occidentali alla Cinquecento, risalgono al 1987 quando debuttò la 126 Bis con motore a sogliola, portellone posteriore e raffreddamento ad acqua. L’idea di creare un vano bagagli posteriore risaliva al 1960, quando Dante Giacosa creò la “500 Giardiniera” ruotando di 90° (da verticale a orizzontale) il motore bicilindrico. La soluzione venne ripresa anche dalla 126 Bis e abbinata, per la prima volta, al raffreddamento ad acqua(anziché ad aria). Anche la cilindrata (704 cm³) e la potenza (33 CV) vennero incrementate. Con l’occasione l’utilitaria italo-polacca si concesse qualche ritocco estetico: nuovi cerchi (da 13″) con coperture in plastica, nuovo paraurti posteriore con spoiler e luci supplementari (retromarcia e retronebbia) integrate, nuovo specchietto e nuovi gruppi ottici posteriori. Gli pneumatici 135/70R13 diedero una migliore guidabilità alla vettura, le cui prestazioni erano migliorate (116 km/h di velocità massima). Questa nuova versione verrà esportata anche in Australia. Venne anche realizzato il prototipo della “126 Kombi”, una versione familiare con soluzioni molto simili alla “500 Giardiniera” che, però, non giunse alla fase produttiva. Mentre nell’Europa Occidentale la Bis era l’unica 126 disponibile, sul mercato polacco rimaneva in listino anche la vecchia 126 FSM, con la configurazione classica. Nel1989 alcune strip adesive applicate alla fiancata della Bis diedero vita alla 126 Up, l’ultima 126 d’occidente. L’esportazione terminò nel 1991.

Nel 1997 la Bis uscì di listino anche in Polonia, rimpiazzata dalla 126 Maluch (“piccola” in polacco) e dalla 126P, equipaggiate con motore raffreddato ad aria, ma coniniezione elettronica e marmitta catalitica. La produzione cessò definitivamente il 22 settembre 2000. Sono stati prodotti 1 352 912 esemplari di 126 negli stabilimenti italiani, 3 318 674 in quelli polacchi e 2.069 esemplari in Austria dalla Fiat-Steyr.

Fonte : “autoemotodepoca” – a cura di Mario Berte