a cura della Redazione “Ars & Cultura”


Figura misteriosa, della quale restano tuttora incerte la data di nascita (intorno al 1230) e quella di morte (forse il 1276), nonché la sicura identità storica, il bolognese Guido Guinizzelli occupa un posto rilevante nella nostra storia letteraria e in particolare all’interno del genere della lirica d’amore, presto divenuto dominante.

Attivo nel terzo quarto del Duecento, egli indica infatti la possibilità stilistica e ideologica assai diversa da quella praticata con successo, e vasto seguito, quasi negli stessi anni, da Guittone d’Arezzo. La differenza è tanto più significativa, perché Guinizzelli ha in comune con Guittone sia il genere letterario (e dunque i temi generali) sia la tradizione: quella della poesia d’amore provenzali e della Scuola siciliana.

La novità di Guinizzelli fu comunque percepita con prontezza sia dai guittoniani (Bonagiunta da Lucca gliela rimproverò in un sonetto), sia dagli scrittori soprattutto fiorentini della generazione più giovane, i quali non esitarono a farne il maestro del loro Stil novo.
Il canzoniere guinizzelliano è composto da venti soli testi integri (cinque canzoni e quindici sonetti).
Alcune prove, con ogni probabilità le più antiche, attestano un esordio secondo il gusto di Guittone e dei siculo-toscani; in un sonetto (scritto dopo il 1265) Guinizzelli si rivolge a Guittone con rispetto chiamandolo “padre” e “maestro”.

La svolta poetica deve essere intervenuta successivamente, e legata quindi agli ultimi anni di attività del poeta. La nuova poetica evidenzia una semplificazione dello stile, che abbandona i modi ricercati della preziosa retorica guittoniana dell’ars dictandi, aspirando al linguaggio “dolce e leggiadro” che incontrerà le lodi di Dante. D’altra parte, alla limpidezza stilistica corrisponde un maggior impegno strutturale e dottrinario (soprattutto nella canzone “Al cor gentile rempaira sempre amore”). L’accusa di intellettualismo rivolta da Bonagiunta a Guinizzelli dipende semplicemente dalla mutata collocazione, nella poesia di quest’ultimo, dell’impegno intellettuale rispetto alla tradizione guittoniana. Mentre il preziosismo retorico e linguistico dei siculo-toscani si rivolge ad un pubblico borghese educato alle diffuse discipline della retorica, l’impegno intellettuale richiesto dai testi guinizzelliani esige un lettore esperto di questioni dottrinarie e filosofiche, capace di individuare riferimenti e allusioni retoriche; insomma un lettore di cultura universitaria (e non a caso Guinizzelli vive nella più prestigiosa città universitaria del tempo: Bologna). La novità guinizzelliana riguarda perciò anche la ricezione: la sua poesia non si rivolge al più potenziale vasto pubblico borghese della civiltà comunale, ma a una stretta cerchia, la nascente aristocrazia intellettuale che costituirà il nuovo pubblico eletto degli stilnovisti toscani. Anche in relazione al pubblico la svolta guinizzelliana disegna perciò già lo scenario specifico dello Stil novo.

IL DOLCE STIL NOVO

Verso la fine del Duecento un gruppo di poeti di origine e provenienza diverse diede un’interpretazione innovativa di alcuni elementi tradizionali della poesia d’amore: con i POETI DELLO STILNOVO prende forma un nuovo ideale lirico espresso con grande eleganza formale e incentrato sull’ANALISI DEGLI EFFETTI DELL’AMORE, sul suo carattere nobile e gentile, sulla figura perfetta e virtuosa della donna amata.
Questo nuovo modo di fare poesia fu il punto più alto dello scambio culturale, nel corso del Duecento, tra Bologna e Firenze: la nuova poetica nacque nell’ambiente insieme filosofico e letterario di Bologna per poi affermarsi a Firenze, il più dinamico dei Comuni italiani della fine del Duecento.

Fonte : “FocusStoria” e “Studenti.it”