a cura della Redazione “Fotografiaartistica” e di Giuseppe Santagata


“Osservare lì dove gli altri sanno solo vedere”… “C’è un istante in cui tutti gli elementi che si muovono sono in equilibrio”..“Non è la mera fotografia che mi interessa. Quel che voglio è catturare quel minuto, parte della realtà” …“È un’illusione che le foto si facciano con la macchina…si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa”.

Per molti Henri Cartier-Bresson è stato il più grande. Per tutti rimane il creatore di uno stile asciutto ed epico, capace di cogliere con sintesi ed armonia gli elementi essenziali del momento. Definito l’occhio del secolo e “l’obiettivo ben temperato”, lo sguardo di Bresson ha cambiato la maniera di osservare la realtà e di pensare la fotografia.

Nato a Chateloup, a pochi chilometri da Parigi, nel 1908 da una famiglia dell’alta borghesia, Henri lascia il liceo per dedicarsi alla pittura, studiando con Andrè Lhote. In questo periodo frequenta i surrealisti, assorbendone gli insegnamenti. A 22 anni parte per la Costa d’Avorio, ma dopo un anno una febbre tropicale lo costringe a tornare in Francia, dove scopre la gioia di scattare fotografie.

Acquistata una Leica, duttile e maneggevole, parte in viaggio per l’Europa e il Messico in compagnia di Andrè Pieyre de Mandiargue. Per mezzo di uno sguardo allenato dalla pittura, attratto dalla variegata realtà che incontra, Bresson mette in evidenza la potenza di un fotografo nel creare la sua opera. In questi anni si avvicina al cinema, studia cinematografia con Paul Strand a New York e torna in Francia, dove nel 1931 diventa assistente del regista francese Jean Renoir, con il quale filmerà La vita è nostra (La Vie est à nous, 1936), Una gita in campagna (1939) e le Regole del gioco(1939).

Nel 1934, conosce David Szymin, un fotografo e intellettuale polacco, che più tardi cambierà nome in David Seymour e poco dopo un fotografo ungherese, Endré Friedmann, che verrà poi ricordato col nome di Robert Capa. Durante la Seconda guerra mondiale viene catturato e spedito in un campo di prigionia in Germania, evade e fa ritorno a Parigi dove collabora con la Resistenza francese.

Finita la guerra, ritorna al cinema e dirige il film Le Retour, documentario sul ritorno in patria dei prigionieri di guerra e dei deportati. Nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra “postuma”, credendolo morto in guerra. Bresson si mette in contatto con il museo e dedica oltre un anno alla preparazione dell’esposizione, inaugurata il 1947. Nel 1947 fonda, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert la famosa Agenzia Magnum.

Le diverse anime di Magnum inaugurano un nuovo modo di pensare la fotografia, un micro mondo dove il fotografo è proprietario di ciò che fotografa, decide cosa fotografare e dove. Cartier Bresson sceglie l’Oriente e dal 1948 viaggia in India, Cina, Indonesia, Birmania e Giappone. Poi in Europa ed ancora in USA e Messico. Nel 1952 esce il suo primo libro: Images à la sauvette, più noto con il titolo inglese The Decisive Moment.

Oltre a contenere una raccolta di talune delle foto più note del fotografo, il libro descrive il modo stesso di fare fotografia di Cartier-Bresson. Nasce la teoria dell’istante decisivo: il fotografo deve cogliere la vita di sorpresa, come se stesse per svegliarsi e le sue immagini devono fermare i momenti in cui il mondo sembra organizzarsi in tanti flagranti delitti. Il momento decisivo rappresenta il riconoscimento simultaneo, in una frazione di secondo, del significato di un evento così come della precisa organizzazione delle forme che danno a quell’evento la sua propria espressione. “Fotografare è trattenere il respiro quando le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace; a questo punto l’immagine catturata diviene una grande gioia fisica e intellettuale. Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere “.

Dal 1968, Henri Cartier-Bresson inizia gradualmente a ridurre la sua attività fotografica, con l’unica eccezione dei ritratti, per dedicarsi al suo primo amore artistico: la pittura. Nel 2000, assieme alla moglie Martine Franck ed alla figlia Mélanie crea la Fondazione Henri Cartier-Bresson, che ha come scopo principale la raccolta delle sue opere e la creazione di uno spazio espositivo aperto ad altri artisti.

Muore a Céreste, (Alpes-de-Haute-Provence, Francia) il 3 agosto 2004, discretamente e senza clamore, all’età di 95 anni. Ci lascia in dono una raccolta di attimi , immortalati e resi eterni dall’arte.