a cura della Redazione di “Arte e Cultura”


Duomo di Milano: simbolo del capoluogo lombardo, il Duomo è situato nell’omonima piazza nel cuore della città. Si tratta della chiesa più grande d’Italia: infatti, la Basilica di San Pietro, che è più grande, si trova nel territorio della Città del Vaticano, indipendente rispetto all’Italia. La chiesa attuale fu costruita a partire dal 1387: i lavori furono guidati dal Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, che propose un progetto ancor più ambizioso rispetto a quello originale. La costruzione della cattedrale continuò per molti secoli, e ancora oggi è oggetto di continui restauri e manutenzioni: proprio per questo, il Duomo di Milano è utilizzato come antonomasia per riferirsi a qualcosa di interminabile, che non ha mai fine.

Indiscusso capolavoro architettonico ed artistico, di stile prevalentemente neoclassico e neogotico, il Duomo di Milano contiene anche un Grande Museo che ospita il Tesoro del Duomo, una ricchissima collezione di opere d’arte di oreficeria e capolavori artistici che testimoniano l’intera storia della cattedrale. Pensate che, ogni anno, visitano il Duomo di Milano più di 6 milioni di persone!

Nel luogo in cui sorge il duomo un tempo si trovavano l’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore, la cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile (1386), l’arcivescovo Antonio da Saluzzo, sostenuto dalla popolazione, promosse la ricostruzione di una nuova e più grande cattedrale (12 maggio 1386), che sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città. La costruzione della cattedrale fu dettata anche da scelte politiche ben precise: con il nuovo cantiere la popolazione di Milano intendeva rimarcare la centralità di Milano agli occhi di Gian Galeazzo che, con un colpo di Stato, aveva da poco deposto lo zio Bernabò e riunificato i domini viscontei, preminenza messa in dubbio dalla scelta del nuovo signore di risiedere e di mantenere la sua corte, come già il padre Galeazzo II, a Pavia e non a Milano. Per il nuovo edificio si iniziò ad abbattere entrambe le chiese precedenti: Santa Maria Maggiore venne demolita per prima, Santa Tecla in un secondo momento, nel 1461-1462 (parzialmente ricostruita nel 1489 e definitivamente abbattuta nel 1548).

La nuova chiesa, a giudicare dai resti archeologici emersi dagli scavi nella sacrestia, doveva prevedere originariamente un edificio in mattoni secondo le tecniche del gotico lombardo. Nel 12 gennaio 1387 si gettarono le fondazioni dei piloni, opere colossali che erano state già progettate su disegno l’anno precedente. Durante il 1387 si continuarono gli scavi delle fondazioni e si continuarono i piloni. Ciò che fu fatto prima del 1386 venne tutto disfatto o quasi. Nel corso dell’anno il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, assunse il controllo dei lavori, imponendo un progetto più ambizioso. Il materiale scelto per la nuova costruzione divenne allora il marmo di Candoglia (e in misura molto minore anche il marmo di Ornavasso) e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema. Il desiderio di Gian Galeazzo era infatti quello di dare alla città un grandioso edificio al passo con le più aggiornate tendenze europee, che simboleggiasse le ambizioni del suo Stato, che, nei suoi piani, sarebbe dovuto diventare il centro di una monarchia nazionale italiana come era successo in Francia e in Inghilterra, inserendosi così tra le grandi potenze del continente. Gian Galeazzo mise a disposizione le cave e accordò forti sovvenzioni ed esenzioni fiscali: ogni blocco destinato al Duomo era marchiato AUF (Ad usum fabricae), e per questo esente da qualsiasi tributo di passaggio. Come testimonia il ricco archivio conservatosi fino ai giorni nostri, il primo ingegnere capo fu Simone d’Orsenigo, affiancato da altri maestri lombardi, che nel 1388 iniziarono i muri perimetrali. Nel 1389-1390 il francese Nicolas de Bonaventure venne incaricato di disegnare i finestroni.

A dirigere il cantiere vennero chiamati architetti francesi e tedeschi, come Jean Mignot, Jacques Coene o Enrico di Gmünd, i quali però restavano in carica per pochissimo tempo, incontrando una scoperta ostilità da parte delle maestranze lombarde, abituate a una diversa pratica di lavoro. La fabbrica andò quindi avanti in un clima di tensione, con numerose revisioni, che nonostante tutto diedero origine a un’opera di inconfondibile originalità, sia nel panorama italiano che europeo.

Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque e il 19 luglio 1391 venne deliberato l’ingrossamento dei quattro pilastri centrali. Tuttavia c’era una crescente preoccupazione per la stabilità dell’intera struttura, per via di insufficienti masse inerziali da contrapporre all’azione delle spinte. Così nel settembre dello stesso anno venne interrogato il matematico piacentino Gabriele Stornaloco per definire la sezione trasversale e l’alzato, attraverso una precisa diagrammazione geometrica e cosmologica (lo Stornaloco era anche un astronomo e cosmografo). Il 1º maggio 1392 si scelse la forma delle navate progressivamente decrescenti per un’altezza massima di 76 braccia.

Tuttavia i rapporti tra Gian Galeazzo e i vertici della fabbrica (scelti dai cittadini di Milano) furono spesso tesi: il signore (che nel 1395 era divenuto duca di Milano) intendeva trasformare il duomo nel pantheon dinastico dei Visconti, inserendo nella parte centrale della cattedrale il monumento funebre del padre Galeazzo II e ciò trovò la forte opposizione sia della fabbrica sia dei milanesi, che volevano rimarcare la propria autonomia. Ne nacque uno scontro, che costrinse Gian Galeazzo a decidere la fondazione di un nuovo cantiere destinato esclusivamente alla dinastia viscontea: la Certosa di Pavia, alla quale, senza scrupolo, destinò a più riprese molti dipendenti della fabbrica del Duomo, anche di alto livello, come Giacomo da Campione o Giovannino de’ Grassi

Fonte : “storiadellarte” , “wikipediarte”