“Il sacrificio d’Isacco” è un capolavoro per l’oggi che rivela la forza di un dramma e di una promessa, sfidando la banalizzazione della figura paterna. L’artista rinascimentale cattura la domanda eterna: com’era il volto del Dio?

“O vecchio, com’era il volto del Dio? / Forse un lenzuolo di sangue? / o una roccia nera, cratere in fiamme?”. I versi di David Maria Turoldo sono una drammatica domanda rivolta ad Abramo e contengono il tormento di un uomo di fede del tempo moderno. Senza parole e solo col tratto possente della matita nera, la stessa domanda esplode, modernissima, nel disegno di Michelangelo: Abramo guarda negli occhi l’angelo, un close-up drammatico, pochi centimetri soltanto tra l’uomo e il mistero. È l’angelo che gli sta ordinando di fermare il coltello, non uccidere tuo figlio. “Il sacrificio d’Isacco” è un disegno di Michelangelo conservato a Firenze nel Museo di Casa Buonarroti, poco noto e quasi mai esposto nonostante storici dell’arte come Bernard Berenson lo considerino “uno dei più interessanti schizzi della maturità di Michelangelo”. Anzi, sono due disegni: il foglio è disegnato da entrambi i lati, due appunti sullo stesso soggetto. Ma il particolare che più colpisce sono quegli occhi, il padre e l’angelo, messaggero del Padre. A tu per tu: il dramma del dare la vita, e dell’obbedire a un Dio di cui ci si può chiedere solo “com’era il volto del Dio?”.

Fonte : “ilfoglio” – a cura di Maurizio Crippa


Le pubblicazioni di “Natale In … Arte – ed. 2023”

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