a cura della Redazione “Art-in-Work”

Salto nella storia dei festeggiamenti natalizi ,siamo nel regno della regina Vittoria, dal 1837 al 1901: in questo periodo emersero molte nuove tradizioni, che sono diventate da allora parte integrante del periodo delle feste. I vittoriani mostravano una grande nostalgia per le gioiose celebrazioni del Natale del periodo medievale. Così come molte persone oggi guardano con romanticismo al Natale di epoca vittoriana, così nell’Ottocento scrittori come Sir Walter Scott (1771-1832) lodavano il Natale dei tempi antichi. In effetti questa festa era diventata un modo per rievocare l’effimero mito di un’età dell’oro ormai lontana, atteggiamento che sopravvive, per molti aspetti, ancora oggi. La gente di epoca vittoriana di certo si premurava che elementi medievali come la messa della mattina di Natale, i banchetti, i giochi, i regali e gli spettacoli continuassero ad essere parti fondamentali del periodo delle feste.

Il marito della regina Vittoria era Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, Principe Consorte (1819-1861), e fu lui ad introdurre in Gran Bretagna la tradizione dell’albero di Natale, che era molto popolare nella sua terra d’origine. Non fu il primo reale ad avere un albero di Natale in Inghilterra, tuttavia dal 1841 il Principe Alberto iniziò una tradizione che si consolidò, espandendosi ben presto dalle piazze delle città ai soggiorni delle case di tutto il regno; a questo contribuirono i popolari giornali illustrati, che mostravano i festeggiamenti privati della famiglia reale. Il vischio rimase una parte importante delle decorazioni, ma l’albero lo sostituì nel ruolo di elemento centrale della casa durante le feste natalizie. Il giovane abete era decorato con candele, e piccoli regali (giocattoli, dolciumi, portafortuna e frutta candita) pendevano dai suoi rami; questi doni erano destinati ad essere distribuiti agli ospiti, i cui nomi erano a volte riportati su targhette poste sui regali stessi.

Canzoni natalizie erano intonate attorno al pianoforte della famiglia, oppure da gruppi di persone che si esibivano fuori delle case durante la Vigilia, ricevendo in cambio un bicchiere di punch o una torta calda. Il primo libro di canti natalizi risale in realtà al 1521, ma furono i vittoriani a diffondere questa tradizione, recuperando canti antichi e dimenticati e aggiungendo i loro alle antologie ora pubblicate.

Un servizio postale più efficiente e l’introduzione del francobollo Penny Black nel 1840 coincise con una crescita nella mole di corrispondenza, e si sviluppò la tradizione di inviare ad amici e familiari lontani cartoline natalizie, introdotte per la prima volta in Gran Bretagna nel 1843. Disponibili in ogni forma e misura, erano cartoline litografate, colorate a mano, e spesso sfoggiavano fiocchi e merletti. Sulle cartoline erano raffigurati i soggetti più disparati, ma un tema ricorrente era quello delle scene innevate, che richiamava la serie di rigidi inverni che colpirono l’Inghilterra negli anni ’30 e ’40 dell’Ottocento. Il “bianco Natale” divenne in seguito molto più raro, ma la scena aveva ormai fatto breccia nell’immaginario delle persone.

I negozi offrivano ormai una grande varietà di regali, che adornavano le vetrine per allettare i clienti indecisi, e molti negozi inviavano cataloghi per chi non poteva recarvisi di persona. I giocattoli prodotti in serie, spesso importati dalla Germania e dall’Olanda, rimpiazzarono quelli fatti in casa. Non più semplici oggetti in legno, i giocattoli divennero ingegnosi. Meccanismi in miniatura facevano camminare le bambole e correre i trenini. I regali venivano ora scambiati il giorno di Natale o alla Vigilia. Il 26 dicembre divenne noto in Gran Bretagna come Boxing Day, a causa dell’usanza in questo giorno da parte dei datori di lavoro di raccogliere regali e avanzi in una scatola (box) da donare ai loro servitori e impiegati.

Il più importante dispensatore di regali a Natale è ovviamente Babbo Natale. La figura allegra dalla lunga barba bianca che visita le case il giorno della Vigilia, per lasciare doni ai bambini buoni, ha origine da San Nicola, vescovo di Myra in Anatolia nel IV secolo, che amava distribuire doni, fra cui sacche piene d’oro. Una donna fra questi fortunati ricevette tramite il camino il suo oro, che finì dentro una calza: da questo si affermò l’ormai familiare metodo di consegna. Il santo viene festeggiato il 6 dicembre, ed ancora oggi in molti paesi è quella la data in cui i bambini appendono le loro calze e le pantofole. Babbo Natale non fu ispirato solo da San Nicola, ma incorporò anche elementi dello “Spirito del Natale” del folklore, cosa che spiega il suo spirito gioviale, un aspetto che i bambini sperano di compiacere lasciando per lui una bevanda alcolica la Vigilia di Natale. Questa figura gioviale che dispensa regali ha molte incarnazioni, da Christkind (Germania) a Santa Claus (Stati Uniti). Fu la versione americana vestita di rosso con una pancia importante, introdotta intorno al 1850, che si affermò sulle altre nell’immaginario popolare.

In generale il tenore di vita migliorò, anche se naturalmente non per tutti, e ciò richiedeva un tipo speciale di carne per il banchetto natalizio. L’arrosto era popolare nel nord dell’Inghilterra e l’oca nel sud, ma con l’avanzare del secolo fu il tacchino a guadagnare il posto d’onore su molte tavole. Anche le famiglie meno abbienti potevano avere un grosso pennuto per Natale, se avessero fatto parte di sistemi come quello del The Goose Club: versando una quota ogni settimana si poteva avere l’animale per Natale, che veniva poi cucinato presso un fornaio. A fianco del pollame arrosto c’erano zuppa, ostriche, agnello, gelatine, frutta, noci ed ogni altra prelibatezza che la famiglia poteva permettersi per il pasto più importante dell’anno.

Il gran finale era un pudding natalizio stufato, spesso chiamato plum pudding per via dell’ingrediente principale (già rimpiazzato da frutti di bosco e uvetta durante l’epoca vittoriana). Nel pudding veniva piazzata una moneta d’argento, come una da tre penny, usanza che richiamava quella medievale del fagiolo nella torta. Il pudding, di forma sferica, veniva decorato con un ramoscello di agrifoglio e ricoperto di rum o brandy, in modo da poterlo servire flambé. Divenne una parte del Natale così attesa che persino i marinai, i guardiani dei fari e gli esploratori polari ne portavano uno con sé, da mangiare durante il grande giorno. Molto popolari erano anche i mince pies, all’epoca preparati con un ripieno misto di carne e frutta (la carne è stata poi abbandonata nelle versioni moderne del dolce). La torta di frutta speziata del periodo elisabettiano divenne il dolce glassato tipico del Natale, gustato dopo cena o come spuntino serale, magari con un pezzetto di formaggio e un bicchiere di porto.

La tavola era decorata con i Christmas crackers, dei rotolini di carta che due persone aprivano insieme, trovando all’interno giocattolini, portafortuna, ritratti in miniatura, dolci, cappelli di carta e bigliettini con aforismi. Vi fu inoltre un cambiamento negli orari: alcune famiglie continuarono a fare il pranzo di Natale, forse un po’ più tardi rispetto al normale pranzo, mentre altre organizzavano una cena natalizia la sera. Dopo il pasto vi erano danze, canti, esibizioni recitate, a volte giochi di prestigio o spettacoli di lanterne magiche. Si facevano giochi come sciarade, mosca cieca, caccia alla pantofola o snap dragon (si pescava dell’uvetta da una ciotola di brandy a cui si era dato fuoco).

Tutte queste attività tipiche del Natale vittoriano furono descritte e tramandate per le generazioni future dagli scrittori del periodo, primo fra tutti Charles Dickens (1812-1870). Il racconto natalizio Canto di Natale di Dickens, la storia del taccagno redento Ebenezer Scrooge, è diventata una parte fondamentale delle feste natalizie sin dalla sua pubblicazione nel 1843.

Le tradizioni naturalmente hanno continuato a crescere, con aggiunte come Rudolph la renna dal naso rosso, gli incontri dei bambini con Babbo Natale nei centri commerciali, e i calendari dell’avvento di cioccolato. Oggi le lucine elettriche hanno rimpiazzato le candele sull’albero, le chiese non sono così popolate come un tempo, il tronchetto di Yule è solitamente di cioccolato, e molti biglietti d’auguri sono in formato elettronico, ma le tradizioni natalizie che si sono tramandate nel corso dei secoli continuano ad incantare ed ispirare come hanno sempre fatto.

Fonte : “worldhistory”



Le pubblicazioni di “Natale In … Tradizioni e Costumi – ed. 2023”

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