a cura della Redazione di “Moto d’epoca”


Apparsa al Salone di Milano del 1973, questa moto rappresenta per la Laverda una piccola rivoluzione. Innanzitutto quel nome un po’ “intrigante”, che ricorda certi laghi tipici della Tunisia. E poi, se non è la prima due tempi della Casa (esisteva già un ciclomotore dieci anni prima), è il suo primo tentativo nel settore del fuoristrada e la Laverda lo affronta con qualche idea nuova.

Si tratta di una “trail-bike” una formula alla quale l’italia motociclistica non ha fino ad allora aderito e le originalità tecniche della Chott sono numerose. La colonna dello sterzo è regolabile in tre posizioni differenti per adattare la geometria della moto a ogni tipo di terreno, la frizione funziona a secco e la trasmissione finale è sotto carter stagno. Nella costruzione sono impiegati materiali nobili, in particolare il magnesio per i freni e il carter motore. Anche la linea lascia un po’ perplessi, nell’insieme si tratta di una moto seducente. Sfortunatamente la Laverda 250 Chott è pesante e di cilindrata troppo piccola. Inoltre non è certo a buon mercato, sia per Laverda che per i clienti e la sua attitudine per il fuoristrada non è affatto migliore di quella per i percorsi stradali.

Nel 1976 la Laverda cerca di rilanciarla con una versione 2T/R da 30 CV e con telaio rinforzato, paraurti sospeso e una tendenza più marcata verso l’enduro: ma i risultati non sono positivi. Quando nel 1977 la produzione si ferma, sono uscite dagli stabilimenti soltanto 5000 Chott e 2T/R. L’estetica della Chott era sorprendente per l’epoca, ma oggi appare molto armoniosa. Peccato che la messa a punto non abbia avuto un seguito. La velocità massima dichiarata era di 120 Km/h.

Fonte : “autoemotodepoca” – a cura di Mario Berte