a cura della Redazione “Fotografiaartistica” e di Giuseppe Santagata


Manuel Álvarez Bravo è stato un fotografo messicano considerato uno dei maggiori rappresentanti della fotografia latino americana del secolo XX.

Nato a Città del Messico il 4 febbraio del 1902, cresciuto a contatto dell’arte (nonno pittore, padre maestro appassionato di fotografia), a venti anni si è accostato alla fotografia incoraggiato dalla conoscenza di artisti come Tina Modotti Diego Rivera, studiando pittura e musica all’Academia Nacional de Bellas Artes.

Politicamente impegnato nelle rivendicazioni sociali, ha fatto della fotografia una ragione di partecipazione iconografica dei valori del riscatto popolare. Una delle sue foto più famose, “Obrero en huelga, asesinado”(Lavoratore in sciopero, assassinato) raffigura un corpo insanguinato, steso a faccia in sù sotto al sole.

I suoi lavori fotografici hanno esplorato il ritratto, le nature morte e i paesaggi. Il suo lavoro mostra alcune somiglianze con il lavoro di Clarence John Laughlin, un fotografo americano attivo a New Orleans negli stessi anni. Entrambi amanti della letteratura, facevano riferimenti alla mitologia, sia visivamente che nel titolo dei propri lavori. A monte della somiglianza si deve il fatto che entrambi i fotografi conobbero e subirono l’influenza di Edward Weston.

Dal punto di vista tecnico Álvarez Bravo ha usato fotocamere di vecchia concezione molto più lente della Leica che stava cominciando ad essere popolare tra gli altri fotografi artistici del periodo. Nel 1938 ha aderito al surrealismo, dopo l’incontro con Andrè Breton, realizzando una delle immagini simbolo del movimento “La bonne renommée endormie”(vedi sotto).

Eros e magia, morte e senso della solitudine sono le chiavi interpretative del mondo messicano popolare a cui l’autore restituisce un valore lirico quanto naturale. Dopo una incursione nell’universo cinematografico, con una chiara ispirazione al maestro sovietico M. Eisenstein, Alvarez ritornò alla fotografia nel 1959. Negli anni settanta il fotografo messicano ottenne la consacrazione con l’attribuzione di diversi premi e con mostre personali nelle maggiori istituzioni museali d’America e d’Europa.

Alla sua morte trovarono una frase ambigua scritta su un pezzo di carta appesa nel suo laboratorio: Hay tiempo(C’è tempo). Avvertimento, desiderio, rassegnazione, la frase insinuava quello che possiamo definire come lo stile lavorativo del maestro, un’etica creativa che trovava libertà di espressione nel rigore della forma.

L’opera di Manuel Álvarez Bravo è in essenza la descrizione pittorica di un popolo, della sua gente, dei suoi luoghi e gli oggetti che riflettono la loro storia. Le sue immagini poetiche, attraverso un bianco e nero a volte soave a volte deciso, raccontano segreti di tradizioni, illusioni e fracassi arrivando al centro del nostro cuore.