a cura della Redazione “Fotografiaartistica” e di Giuseppe Santagata


Nobuyoshi Araki è uno dei maestri della fotografia contemporanea. Il fotografo giapponese è noto per uno stile erotico, provocatore e controverso.

La vita di Nobuyoshi Araki

Nato a Tokyo il 25 maggio 1940, dopo aver studiato fotografia e cinema presso la Chiba University, si trasferisce, per lavorare in un’agenzia pubblicitaria, a Dentsu. Influenzato dal neo-realismo italiano e dalla Nouvelle Vague francese inizia a scattare in maniera ossessiva. Nell’agenzia pubblicitaria conosce la sua futura sposa Yoko.

Dopo il matrimonio, Araki pubblica una raccolta di fotografie (Sentimental journey, 1971), scattate alla moglie durante il loro viaggio di nozze. Yoko muore nel 1990 di cancro alle ovaie. Le foto dei suoi ultimi giorni vengono pubblicate dall’artista giapponese in un libro intimista dal titolo Winter journey. Con questo libro vince il Domestic Photographer’s Award alla settima Hishikawa International Photo Festival.

Nel corso della sua carriera il fotografo giapponese ha pubblicato più di 400 libri ed è considerato uno degli artisti più prolifici di sempre. Ha lavorato per diverse riviste tra le quali anche PlayboyDéjà-Vu ed Erotic Housewives. In occidente il suo lavoro è diventato noto grazie alla mostra Akt Tokyo di Gratz, nel 1992. Da allora ha esposto in mostre personali a Vienna, Parigi, Londra, Roma, Taipei e Londra. Nel 1999 il Museum of Contemporary Art di Tokyo ha organizzato la mostra Sentimental na Shashin, Jinsei (Fotografie di vita e sentimentali). Nel 2005, Travis Klose ha girato il documentario “Arakimentari”, sulla vita e il lavoro di Nobuyoshi Araki. Le sue opere sono state esposte tra gli altri al Tate e al San Francisco Museum of Modern Art (SFMOMA). Nel 2008 gli stato è diagnosticato un cancro alla prostata, rimosso con successo con un intervento chirurgico.

Lo stile delle fotografie di Nobuyoshi Araki

Noto per i suoi reportage sull’industria del sesso giapponese, Araki focalizza la sua attenzione dapprima su Kabukichō, storica zona a luci rosse di Shinjuku (le relative foto, vengono raccolte in Tokyo lucky hole), per poi catturare tramite il suo obiettivo tutto ciò che rappresenta la caducità dell’essere e la sua trasformazione nel tempo.

Le sue immagini ritraggono fiori sensualidonne in kimonostrade affollate e caotiche, vicoli stretti e silenziosi, cieli solcati da nubi o da tramonti struggenti. Attraverso i suoi scatti le varie forme di manifestazione del desiderio sfociano in un’esplorazione della morteEros e thanatos si sfiorano e si mescolano.

L’arte del fotografo giapponese si muove sul confine tra l’accettabile e il pornografico. In costante equilibrio tra tradizione e innovazione, in un teatro dove si incontrano e si scontrano passato e presente, le sue ragazze posano disinibite. Immagini di giovani donne legate con delle corde in stile Kinbaku, appese ai soffitti, distese sui tatami, o ritratte in camere d’albergo. La donna e Tokyo divengono assolute protagoniste di un racconto in polaroid. Bianchi e neri e pellicole ritoccate a mano che esplorano i confini tra il sacro e il profano e la realtà e la finzione.

La citazione

“Le donne mi interessano perché sono misteriose e perfide. A volte sono madonne, a volte sono prostitute. Con i loro aspetti complessi non mi annoiano mai”…”Non me ne frega niente di preservare. Per me può scomparire tutto. Anche i libri devono essere vissuti, consumati, maneggiati. Un po’ come le polaroid che piano piano si modificano nei colori, fino a svanire”.