a cura della Redazione di “TuttoTech Games”


Paper Mario: Il Portale Millenario: è emozionante poter parlare del gioco finalmente in termini prettamente contemporanei, forse anche a dimostrazione del suo fascino davvero immune alla prova del tempo. Poche sono le grinze per il tuttora miglior capitolo dell’intera serie, più snello che mai senza essere “accartocciato” come si sarebbero aspettati i fan degli episodi da Sticker Star in poi. È la bomba finale nel Nintendo Direct dello scorso settembre, e a ragion veduta.

Un po’ meno allegro, forse, il contesto storico-videoludico in cui la Grande N lo ha reintrodotto. Al contrario di ogni possibile pronostico, la via dei soldi facili di una ripubblicazione nei primi tre anni di vita (onore spettato a The Origami King) ha lasciato il posto al “viale del tramonto” che fa ormai da descrizione costante per la tarda generazione di Nintendo Switch. Anche qui abbiamo molte metafore teatrali, che hanno accompagnato similarmente la nostra disamina di Princess Peach: Showtime!, tuttavia nel caso del Mario cartaceo il “derby” si gioca con un vero mostro sacro del franchise e del genere, ovvero il remake del primo GdR mariesco. Inquieto giacerà il capo, una volta indossata la corona vacante di Mario & Luigi.

Là dove il primissimo Paper Mario su Nintendo 64 si limitava a una trama semplice, conferendo però al tipico intreccio del baffone un tocco di epicità in più, Il Portale Millenario apre due enormi ali narrative che restano uno dei fiori all’occhiello del gioco in fase di recensione. I personaggi, ovvero esemplari unici nelle popolazioni esistenti nell’universo mariesco (inconcepibile da Sticker Star in poi), sono tutti caratterizzati alla grande, dai comprimari al bislacco “triangolo” ormai noto. Mario esplora il circondario di Fannullopoli con Goombella, Koopaldo, Cannonio e compagnia, mentre la Principessa Peach si ritrova nel giogo cosmico degli Incrociati e Bowser intende rapire Peach secondo i suoi termini.

È da qualche scrutinio che non lo stiamo facendo, ma vorremmo spendere due parole in merito alla localizzazione in italiano. Nel 2004, l’originale su GameCube ha edulcorato alcune versioni in fase di esportazione, nello specifico il genere di Ombretta nelle traduzioni inglese e tedesca. Ora, grazie anche al clima odierno, Ombretta è fieramente transgender in ogni lingua, ma questo non significa che il copione originale nipponico sia rimasto inalterato. Un esempio è il catcalling rivolto a Goombella a inizio gioco nei sotterranei di Fannullopoli: un dialogo stravolto su Nintendo Switch, nonostante la comprimaria avesse risposto per le rime alle attenzioni non richieste nell’originale. Siamo confusi quanto voi, ma per il resto la verve comica del gioco non è andata perduta e i dialoghi continuano a celare perle su perle.

Il gameplay, per quanto concerne l’esplorazione dell’overworld, tiene fede ai dettami ruolistico-marieschi: un minimo di platforming c’è, ma le opzioni motorie del protagonista vanno di pari passo con il suo progresso nell’avventura e lo sblocco delle annesse abilità. Trova qui posto la prima enfasi sul look cartaceo, come elemento di contorno e mai fulcro dell’esperienza come nell’era moderna della saga. Certo, trasformarsi in barchette e aeroplanini esula dai canoni dei platformer principali, ma è tutto parte integrante di un gioco di ruolo impenitente nel dimostrarsi a piè sospinto concepito come tale. Anche perché mettersi di lato per passare tra le sbarre, nel gioco, viene concepito come maledizione.

Similarmente, i combattimenti seguono minuziosamente le basi gettate nel primo episodio, affiancando a Mario un solo compagno per volta. L’aggiunta principale, in questo caso, è forse il primo “gimmick” della serie: un palcoscenico che fa da letterale teatro per gli scontri, con tanto di pubblico da convincere a suon di azioni da eseguire perfettamente a tempo. Non mancano gli equipaggiamenti, ovvero le tessere da collezionare e assegnare in base alle relative statistiche, per alterare il corso degli scontri e personalizzare l’esperienza il più possibile. Le fondamenta dei giochi di ruolo del baffone non mancano, in tal senso. Una giusta pressione di Ⓐ o Ⓑ può fare la differenza tra subire un attacco e un contrattacco perfetto.

Non alludiamo alle lenti a contatto della scorbutica Toad di inizio gioco, bensì alle migliorie che ogni remake porta con sé, sostituendo tacitamente alcuni ricordi per essere “esattamente il gioco che conoscevamo e amavamo”. Per fare un esempio, il più grande difetto dell’originale, il backtracking, ha ricevuto delle quanto mai benvenute smussature. Nello specifico, si parla dei tubi di teletrasporto aggiunti da Intelligent Systems in questa loro seconda stesura, disseminati qua e là nell’overworld. In particolar modo i sotterranei di Fannullopoli ora ospitano una vera e propria hub nella quale trovano posto scorciatoie per ogni location di rilievo dell’avventura. Viaggiare, dunque, diventa improvvisamente molto meno oneroso rispetto al passato.

Per agevolare ulteriormente l’esplorazione, gli sviluppatori hanno pensato bene di inserire una ruota per selezionare rapidamente il nostro compagno. Nulla di eccessivamente macchinoso in origine, ma ben presto le navigazioni del menù evitate si accumulano e contribuiscono alla possibile versione definitiva del gioco. Le migliorie quality-of-life si estendono alla nostra sconfitta per mano di un boss, dopo la quale avremo modo di ripartire senza passare per i convenevoli della cutscene. I completisti saranno felici di sapere che oltre a Goombella ci sono molte fonti di informazioni per chiunque non riuscisse a proseguire o a scovare un particolare segreto. Nel bene, sì, ma anche nel male.

Fonte : “tuttotechgames” – recensione di Alex Bozzi