a cura della Redazione “Ludoteca Web”

Da decenni divide la platea dei giocatori più esperti eppure è un classico a cui molti ancora non riescono a resistere. Parliamo di Scarabeo, il gioco di parole nato negli anni ’50 dalla mente di Aldo Pasetti, giornalista e scrittore prestato al gioco che in carriera ha ideato un solo titolo: questo.

Pubblicato nel 1963 da Editrice Giochi, all’epoca una superpotenza del gioco di società, Scarabeo è stato per anni una presenza fissa nelle case italiane, un’imprescindibile suppellettile al pari di Risiko! e Monopoli. Molti lo ricorderanno, ma è bene dare una rinfrescata alle regole, davvero molto semplici. Da due a quattro sfidanti devono comporre parole di senso compiuto sfruttando otto lettere casuali a loro disposizione. Ogni lettera ha un diverso valore in punti a seconda della sua occorrenza nelle parole italiane, con l’H per esempio che vale più della A, e anche la lunghezza delle parole fa avere dei bonus. Una volta composta, la parola va posizionata sul tabellone che presenta una griglia di 17×17 caselle: a seconda di quelle coperte dalle lettere otteniamo ulteriori punti. In seguito l’avversario dovrà sfruttare almeno una delle lettere già posizionate a terra per piazzare la propria parola. Il gioco continua così e alla fine chi ha più punti vince.

La gestazione del gioco non è stata facile. Pasetti negli anni ’50 era stato denunciato dall’editore di Scrabble per plagio, il suo Scarabeo era davvero simile a quel gioco statunitense nato negli anni ’30, ma il caso si risolse con l’innocenza dell’autore italiano e la pubblicazione da parte di Editrice Giochi. Va detto che, a un primo sguardo, Scarabeo è davvero simile a Scrabble, ma a una più attenta analisi le differenze sono evidenti. Il gioco italiano è più semplice, si ha a disposizione una lettera in più, i jolly danno più punti e le caselle speciali che aumentano i valori delle parole possono essere usate più volte; a livello di agonismo, invece, è l’americano a prevalere. C’è una federazione dedicata, la F.I.G.S., decine di Scrabble Club locali e centinaia di incontri annuali.

Fatto sta che, a chi scrive, lo Scarabeo piace. È letteralmente per tutti, ha pochissime regole, stimola la mente e offre la rara opportunità di giocare con una lingua duttile come la nostra. Mentre sei lì che pensi alla parola da comporre ti risalgono in mente combinazioni di lettere dimenticate da tempo e non è raro che gli avversari te ne facciano scoprire di nuove. Certo, non tutto è perfetto, e capisco le critiche di molti giocatori. La principale è che Scarabeo non è un gioco ma uno sfoggio di cultura fine a se stessa. Verissimo, ed è proprio questo che piace a molti. La seconda è che per molti non è divertente perché è interamente basato sul dizionario: qui c’è poco da dire, è proprio così. Il fedele alleato della nostra lingua è sempre lì sul tavolo pronto a essere sfogliato. Si sente dire poi che il gioco si riduce spesso a comporre sciocche parole di due lettere, banali interiezioni come ah,* eh*,* oh* o sigle delle più assurde associazioni mai sentite. Anche questo è vero, ma il problema è vostro: cambiate avversari oppure lasciate perdere.

Molti odiano anche la possibilità di aggiungere prefissi e suffissi per comporre nuove parole. Un classico è il ri davanti a parole come usatocercatotrovato. È vero, è molto fastidioso, ma che ci volete fare, è la nostra lingua a permetterlo. Mi hanno fatto anche notare come spesso, a Scarabeo, si litighi: anche questo è vero, ma per me la discussione è il sale della conoscenza. Discutendo si ragiona e comunque c’è sempre il vocabolario a fare da giudice imparziale della tenzone.

Che lo si ami o lo si odi, Scarabeo alla veneranda età di oltre mezzo secolo ancora viene pubblicato e anzi è pronta una nuova edizione da parte dello storico editore Editrice Giochi. Il gioco rimane identico, così come le tesserine in legno con le lettere e gli altri componenti. Alla fine solo la grafica è stata parzialmente rivista: ora è leggermente più aggressiva. L’obiettivo di questa nuova pubblicazione, stando al produttore, è “attrarre nuove generazioni di giocatori — che siano millennials o giovanissimi centennials — coinvolgendoli nella più attuale delle sfide: trovare la parola giusta al momento giusto”. La nostra lingua è una delle più divertenti al mondo: conoscerla bene è per pochi ma giocarci è per tutti.

Fonte : “wired”


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