a cura di Fabio Reggiani


Doverosamente premetto che la ricostruzione biografica dell’ Ing. Arnaldo Piccinini è essenziale non solo per tracciare un profilo del Fondatore ma anche per inquadrare e contestualizzare la vicenda di VOXSON sin dalle origini. La lunga e faticosa raccolta di dati su un uomo dotato di intelligenza e determinazione non comuni potrebbe aver via via incorporato mie personali suggestioni: pertanto domando fin da ora tolleranza a chi, ragionevolmente, contestasse le mie analisi.

Intimamente sono certo di aver ripercorso in punta di piedi e con il massimo rispetto la vastissima opera del Fondatore senza mai alcuna finalità di “profanazione” nei confronti del suo modus operandi, della sua sensibilità imprenditoriale e delle sue doti relazionali.

Cominciai pigramente anche a causa del caldo estivo. Nessuna premura: in fondo stavo solo accingendomi a curiosare in un passato remoto incarnato da quell’ apparecchio nero imballato da due anni ed inutilizzato da molto prima. Senza troppa curiosità e forse solo per trovare una ispirazione volli aprire la scatola per ispezionarne il contenuto. Con una buona dose di incoscienza osai inserire la spina nella presa a muro: il funzionamento non risultò affatto soddisfacente! Evidentemente si rendeva necessario un intervento tecnico per sistemare i guasti e le ingiurie del tempo.
Deluso, riposi l’ oggetto nella suo contenitore rimandando mentalmente sine die la riparazione e non detti alcuna importanza ad un dettaglio che notai, seppur solo fugacemente: la targhetta matricolare apposta sull’ apparecchio riportava un codice di modello lievemente diverso da quello serigrafato sul pannello posteriore dello chassis… HR 313, HR 315. Chissà.
Un disallineamento che superficialmente derubricai a cosa di poco conto e sul quale mi sarebbe stato comunque impossibile indagare per la assoluta mancanza di elementi. Solo più avanti e proprio grazie a quella discrepanza avrei compreso l’ unicità ed il valore di quell’ esemplare (che venne riportato alla perfetta efficienza con un accurato restauro).

Mantenni tuttavia saldo il proposito di conoscere la storia di VOXSON fin dai primordi con quel nome che avevo a mia disposizione: Arnaldo Piccinini.

In rete le solite informazioni vaghe, non certificate e solo in parte credibili; talvolta errate. Comunque da filtrare e confrontare coi miei radi ricordi d’ infanzia. Una fatica!
Poi, insperato, un contatto telefonico con il figlio del Fondatore: Marco Piccinini.
Riuscii così a conoscere numerosi (e remoti) passaggi biografici.
In merito al ceppo familiare dei Piccinini ebbi conferma delle origini cremonesi e della appartenenza alla borghesia industriale di fine ‘800. Intorno al 1914 e comunque con la Grande Guerra già nell’ aria il pater familias soggiornò con la propria consorte in Sicilia per ragioni professionali per un tempo di permanenza sull’ isola almeno sufficiente a concepire e dare alla luce un figlio.
Fu così che a Valdina, in provincia di Messina, il piccolo Arnaldo nacque: era il 29 gennaio 1915. Soltanto in seguito il nucleo familiare fece ritorno nella zona natìa, a Soresina.
In virtù del ceto sociale familiare e, soprattutto, della propria intelligenza il giovane Arnaldo durante gli anni ’30 ebbe la possibilità di studiare presso il prestigioso Istituto Ghislieri di Pavia per poi diventare Ingegnere al Politecnico di Torino nel 1938, vincendo addirittura il Premio Fenoglio quale miglior laureato dell’ anno.

Il successivo e tragico capitolo della Seconda Guerra Mondiale si legò alla vicenda personale del neo-laureato Ingegnere in un intreccio di audacia e fatalità. Nominato ufficiale della Regia Aeronautica fu impegnato sino al 1943 a Guidonia, presso Roma, su un progetto di radar sperimentale. Nelle convulse fasi dell’ armistizio egli sfuggì alla cattura da parte dei tedeschi (che deportavano in Germania personale qualificato per sviluppare tecnologie belliche) grazie alla posizione di Guardia Palatina ottenutagli in Vaticano dal suo futuro suocero, Primo Boghi, padre della giovane Primetta Vittoria alla quale Piccinini si unì in matrimonio nel 1944.
In quello stesso periodo e fino al termine della guerra l’ Ingegnere si impegnò sia a sostegno dei Volontari della Libertà che nel ripristino di alcuni impianti idroelettrici prossimi a Roma. Rispetto a questa sua attività trovai chiari riferimenti tra le dense note biografiche di un articolo-intervista pubblicato sul mensile “Radio Industria” nel luglio 1968 (n.347) in occasione della nomina di Piccinini a Cavaliere del Lavoro:

“Dopo l’ 8 settembre 1943 si sottrasse alla collaborazione con le forze tedesche e fece parte del Fronte Clandestino di Resistenza Aeronautica (Gruppo Baldi).
Agì anche alle dipendenze del comando delle Formazioni dei Volontari della Libertà del Generale Edizio Rodriguez. Dopo la liberazione entrò a far parte dei quadri speciali della A.C.E.A. per la ricostruzione delle Centrali Idroelettriche fatte saltare dai tedeschi…”.

Che strano nome quel tal Generale… “Edizio Rodriguez”.
Se non fosse stato così particolare non avrebbe mai attirato la mia attenzione.
La sorte con me fu davvero benevola!


Trovai negli archivi di una piccola casa editrice di Lucca la convocazione (datata 9 aprile 1946 e firmata proprio dal Generale Edizio Rodriguez) degli ex-partigiani presso la Sede della Democrazia Cristiana in Piazza del Gesù a Roma per la consegna degli Attestati di Benemerenza.
Lecito presumere che in quella indefinita “domenica dopo Pasqua” del 1946 nella Sede della D.C. si incontrarono tra gli ex-compagni di lotta Arnaldo Piccinini, Enrico Mattei ed Eugenio Cefis, questi ultimi protagonisti assoluti (ma con opposti destini) della incipiente avventura petrolifera ENI-Agip e figure di straordinario rilievo politico in àmbito democristiano.
Emergevano insomma tracce del contesto ambientale che poco più tardi avrebbe innescato il tumultuoso sviluppo industriale italiano: una corrente ascensionale che evidentemente sospinse anche l’ idea imprenditoriale di Piccinini.