a cura di Fabio Reggiani


“Non desidero denaro, grazie. Mi basta quello”, dissi indicando con decisione un vecchio arnese che, naturalmente, mi fu subito consegnato con sollievo ed incredula indifferenza. Lo presi e me ne andai. In effetti non conoscevo nulla di quell’ apparecchio nero ancora oggettivamente bellissimo ed attuale; nulla della sua gènesi datata 1974; nulla degli antefatti; nulla di ciò che avvenne poi, della fine. Ed evidentemente io sino ad allora ed anche successivamente neppure ebbi mai interesse a saperne di più, visto che a mia volta lo posi in una scatola di cartone senza averne neppure verificata l’ efficienza.

Naturalmente ricordavo bene dai tempi dell’ infanzia la sua collocazione in casa di mia Nonna: durante gli interminabili pomeriggi autunnali che seguivano ai pranzi delle domeniche in famiglia mio Padre era solito metterlo in funzione con gesti delicati e sapienti, lasciando spandere un suono immateriale in quel salone semibuio nel quale risaltava il tenue giallo-arancio delle spie luminose del dispositivo.
Serbavo poi altre vaghe memorie degli scarni racconti che mio Padre, Ingegnere di poche parole scomparso anni prima, di rado si lasciava sfuggire in merito alla sua attività.

Comunque troppo poco per innescare una scintilla di passione.

Solamente dopo un paio di estati mi sovvenne il pensiero di quella scatola e del suo contenuto: rielaborando l’ accaduto dedussi che l’ aver optato per tornare in possesso di quell’ oggetto a fronte di una cospicua rinuncia monetaria fosse stato giusto, doveroso! Continuavano a sfuggirmi tuttavia sia l’ origine sia la natura di quell’ irresistibile “richiamo ancestrale” che evidentemente aveva orientato la mia strana scelta di due anni prima.
Decisi quindi di non sottrarmi ancora all’ ònere della indagine storica ed alla responsabilità della comprensione profonda dei fatti: due sfide che in fin dei conti avevo accettato nell’ atto stesso di afferrare tra le mie mani ignare quell’ esemplare del Mod. HR 315 che poi si rivelò essere un esemplare unico, al di là del prototipo di laboratorio!

È andata esattamente così.

Da allora si è aperto dinanzi a me un inesauribile filone di scoperte che mi tiene inchiodato a continue ricerche consumandomi e rigenerandomi al tempo stesso; mi è impossibile calmar la sete e smettere di indagare su una vicenda così carica di luci ed ombre.
Ma forse in questo denso chiaroscuro io vado solo in cerca di elementi che possano per un istante restituirmi la presenza di mio Padre e la possibilità di sentirmene ancora figlio.